La stratificazione del cemento Portland in contesti caratterizzati da precipitazioni irregolari, escursioni termiche giornaliere fino a 18°C e alta concentrazione di ossidi di ferro (Fe₂O₃) richiede un approccio tecnico rigoroso per prevenire fessurazioni da ritiro termico e plastiche, garantendo durabilità e prestazioni strutturali a lungo termine. A differenza di ambienti più controllati, il clima mediterraneo castano impone particolari attenzioni nella scelta del sistema stratificato, nei dosaggi, nelle tecniche di compattazione e nella gestione interfaciale tra strati, soprattutto quando si utilizza un sistema a tre strati: base, legante e finitura. Questo articolo, ispirato al Tier 2 «Gestione delle interfacce tra strati e controllo delle fessurazioni da ritiro termico», analizza con dettaglio le fasi operative critiche, integrando metodi testati su pavimentazioni esterne in regioni come la Toscana e la Puglia, dove l’esposizione solare oltre le 8 h/giorno e i cicli gel-idro stagionali accentuano le criticità.
Fase 1: Analisi geotecnica e definizione del carico strutturale – Fondazione del successo della stratificazione
Un’errata caratterizzazione del substrato è la radice di innumerevoli fallimenti nelle pavimentazioni in cemento. Nel clima mediterraneo castano, la presenza di suoli argillosi con elevata espansività e bassa portanza richiede indagini approfondite: le prove penetrometriche dinamiche (CPTu) sono indispensabili per mappare la resistenza al taglio e la capacità portante del terreno. Si raccomanda una densità di campionamento minima di 15 punti per ettaro, con misurazioni a diverse profondità (fino a 3 m) per identificare zone a rischio di solifluizione o ritiro differenziale. Questi dati alimentano la definizione del carico distribuito (C_d), calcolato in base all’uso previsto: per pavimentazioni pedonali esterne con traffico leggero, si adotta un coefficiente C_d compreso tra 0,3 e 0,5 kN/m², mentre per veicoli occasionali si incrementa a 0,7–1,0 kN/m². Questo valore guida la scelta dello spessore stratigrafico e la selezione del cemento Portland, fondamentale per garantire idratazione uniforme e aderenza al substrato.
Fase 2: Progettazione stratigrafica ottimizzata – Linee guida pratiche per il clima castano
La stratificazione deve prevedere almeno due strati principali, con un’ottimizzazione a tre livelli raccomandata per migliorare la dissipazione del calore e ridurre le fessurazioni per ritiro plastico. La base, spessa 18–22 cm, è realizzata con cemento Portland CEM I a bassa reattività alcali-silice, dosato a 350 kg/m³, miscelato con il 10% di superplasticizzante al 10% per garantire lavorabilità senza perdita di resistenza. Il legante intermedio, spessore 6–8 cm, utilizza CEM III con aggiunta del 15% di ceneri volanti e 5% di scorie di alto forno, ottenendo un sistema a bassa permeabilità e alta durabilità, essenziale in presenza di ossidi ferrici che possono accelerare l’idratazione. La scelta di spessori minimi e regolari è critica: superfici con discontinuità superiori a 1 cm aumentano il rischio di fessurazione per ritiro; pertanto, si raccomanda un massimo di 20 cm per la base e 8 cm per il legante, con transizioni dolci tra strati mediante giunti di dilatazione progettati (larghezza 2–3 cm, riempimento con mastici elastici).
Fase 3: Preparazione del substrato e fresatura – Compattazione controllata per massima aderenza
La fresatura del terreno preesistente, se presente, deve avvenire con fresa a disco a bassa velocità (600–800 rpm), per evitare frantumazione eccessiva che compromette la coesione del letto base. La superficie risultante viene sabbiata meccanicamente a getto d’acqua, con pressione di 1,2–1,5 bar, per rimuovere polveri e residui senza alterare la granulometria del terreno; il processo è ripetuto fino a ottenere una superficie pulita e uniforme, verificabile con analisi granulometrica in loco. La compattazione, fondamentale per evitare porosità e futuri rigonfiamenti, utilizza rulli vibratori a frequenza 25–35 Hz e vibrazione verticale controllata, con misurazioni in tempo reale del modulo di compattazione (Gmax) mediante Proctor modificato. I valori target sono Gmin ≥ 1,8 MPa a 95% di compattazione, critici in contesti con elevata dilatazione termica (α ≈ 11 × 10⁻⁶/°C), come i terreni argillosi tipici del sud Italia.
Fase 4: Applicazione del cemento Portland – Dosaggi, additivi e controllo qualità
L’applicazione dello strato base richiede dosaggi precisi: 350 kg/m³ per il cemento Portland, arricchito con superplasticizzante al 10% (8–10% in totale), per garantire fluidità ottimale e aderenza ai armaturi di rinforzo. L’aggiunta di 12 kg/m³ di polvere di calce idrata (Ca(OH)₂) riduce la reattività alcali-silice, mitigando rischi di rigonfiamento in presenza di ossidi di ferro. La miscela viene dosata in stazioni automatiche con dosatori volumetrici a vibrazione, con controllo qualità mediante prove di compattazione (SPT ≥ 18, NDT non distruttivo). Per il legante intermedio, la formula si arricchisce con 10% di superplasticizzante (8–10%) e 8% di scorie di alto forno, migliorando resistenza a lungo termine e riducendo calore idraulico. Si evita l’uso di additivi incompatibili con la presenza di Fe₂O₃, che possono compromettere la reazione di idratazione.
Fase 5: Gestione interfacciale – Prevenzione delle fessurazioni da adesione
La preparazione delle interfacce è cruciale: dopo la compattazione, si esegue una sabbiatura meccanica a getto d’acqua a bassa pressione (2–3 bar) per rimuovere particelle fini e garantire adesione meccanica. Tra strati, si applica adesivo interfacciale a base di poliuretano modificato (2–3 kg/m²), dosato con controllo della bagnabilità tramite test di penetrazione (valore target: penetrazione > 4 mm), essenziale per compensare la dilatazione differenziale tra base (α ≈ 11 × 10⁻⁶/°C) e legante (α ≈ 12 × 10⁻⁶/°C). I giunti elastici, realizzati con membrane di silicone espanso (1–2 mm di spessore), sono posizionati ogni 6–8 m, prevenendo propagazione fessure per ritiro termico. Il sigillaggio finale, con membrane impermeabilizzanti a base di silicone, garantisce resistenza a infiltrazioni in zone soggette a cicli gel-idro o umidità residua.
Fase 6: Cura e consolidamento post-applicazione – Ottimizzazione della reazione idraulica
Il periodo di idratazione richiede umidificazione costante (85–90%) per 7–14 giorni, realizzata mediante teli protettivi umidificanti o nebulizzazione automatica con sistemi a tempo programmato. Si installano sonde termiche (TDR) incorporate nella superficie per monitorare la temperatura interna, evitando gradienti termici superiori a 5°C che possono generare ritiro eccessivo. Le prove di compressione, effettuate a 7 e 28 giorni con carotaggi distruttivi, devono raggiungere ≥ 30 N/mm² per garantire consolidamento completo. Il rilascio dei supporti temporanei avviene solo dopo 72 ore, quando la deformazione residua si stabilizza, per prevenire deformazioni plastiche precoci. In zone costiere, si integra una barriera protettiva traspirante a base di poliuretano idrofugo per contrastare salinità e umidità. Questo approccio, ispirato al Tier 2 «La discontinuità controllata e la gestione termomeccanica sono chiave per la durabilità in climi aggressivi», consente una pavimentazione resistente decenni dopo la posa.
Errori comuni e soluzioni esperte – Strategie per durabilità e prestazioni
Tra gli errori più frequenti: stratificazioni eccessivamente spesse (superiori a 20 cm in base), uso inadeguato di adesivi interfacciali (bagnabilità insufficiente), omissione del controllo termico durante la cura e scarsa gestione della compattazione iniziale. Per prevenir

